I cattolici premiano Lourdes, un film ateo, e neanche se ne accorgono

Può un film ricevere il premio di una commissione di atei e il premio di una commissione di cattolici? In linea di principio non potrebbe. Nella realtà ciò accade. Potremmo cavarcela con la classica eccezione capace di confermare la regola. Però il fatto è davvero singolare, poiché una delle due commissioni clamorosamente si sbaglia. Ciò è successo con il film Lourdes, girato dalla regista austriaca Jessica Hausner, presentato alla recente mostra di Venezia, da due settimane in programmazione sugli schermi italiani.

Gli atei vedono nella pellicola la manifestazione che nel luogo delle apparizioni della Madonna e delle guarigioni miracolose, tutto va in scena fuorché la fede: e lo premiano. I cattolici vi scorgono invece una testimonianza di segno opposto; l’opera pur se non apologetica, è cristianamente corretta: e lo premiano. Può immergersi il diavolo nell’acqua santa? Non può: e allora uno dei due premi è fuori luogo. Diciamolo subito, senza girarci troppo intorno: a sbagliarsi, e  clamorosamente, sono i cattolici.

Lourdes è un film ateo. L’errore, come è noto, è umano, e quindi comprensibile. La perseveranza nell’errore,  altrettanto umana, certamente è meno comprensibile. Ma andiamo per gradi. A chi è imputabile l’errore di un così grave travisamento?  Alla giuria del SIGNIS.

Il SIGNIS (Associazione Cattolica Mondiale per la Comunicazione) è un’organizzazione internazionale con sede a Bruxelles, che si occupa di comunicazione. Fino a qualche anno fa si chiamava OCIC (Organizzazione Cattolica Internazionale Cinematografica), istituzione fondata nel 1928, fusasi nel 2001 con l’UNDA, organismo impegnato nel settore della radio e della televisione, dando così vita al SIGNIS. Il SIGNIS, a guardare la struttura (www.signis.net), sembrerebbe una ramificata organizzazione  con 140 paesi membri e una sfilza di delegati disseminati nell’intero globo terrestre. In realtà fa poco e nulla. Un convegno annuale, qualche pubblicazione, e soprattutto assicura una giuria, perlopiù ecumenica, quindi non composta necessariamente da cattolici, nei più noti festival cinematografici, come Venezia. E a Venezia si è guadagnata, storicamente, i galloni sul campo.

La storia è nota. Cominciò nel 1968. Una sciagurata giuria assegnò, in sintonia con i tempi gravidi di passionalità rivoluzionarie, il premio OCIC al film Teorema di Pier Paolo Pasolini. Quell’anno il Carnevale a Venezia andò in scena anche d’estate, al Lido, ma i contestatori si scontrarono con un inaspettato leone, il vecchio socialista, con un passato fascista di tutto rispetto, Luigi Chiarini, direttore della Mostra, che resistette a tutto e a tutti, decidendo di non chiudere i battenti, e cedere dunque alle logiche della rivoluzione, come era successo qualche mese prima a Cannes. La storia poteva, e doveva chiudersi lì. Addirittura Paolo VI, dal balcone di Castel Gandolfo, parlando ai fedeli, deprecò l’atto veneziano. Perché non tagliare il cordone ombelicale tra il Vaticano e l’OCIC? Mistero. Quel cordone è ancora saldo. Infatti nei contatti ufficiali dal SIGNIS, oltre alla sede di Bruxelles, è indicato un indirizzo romano, Palazzo San Calisto, Città del Vaticano. Lì c’è la sede del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e della Filmoteca Vaticana.

Quindi, il SIGNIS non solo gode dell’appoggio ufficiale del Vaticano, ma in realtà ne riceve il generoso appoggio finanziario. E ripaga tutto ciò assegnando un premio al film ateo Lourdes, che contesta apertamente un luogo centrale nella storia della cristianità novecentesca, non solo per l’apparizione della Madonna, per la devozione  popolare, per l’ininterrotta sequela di miracoli verificatisi, ma soprattutto per la venerazione dimostrata da Giovanni Paolo II, figura chiave della seconda metà del XX secolo, destinato a diventare Santo.

La motivazione del premio è un capolavoro: «Una scelta motivata non dall’ambientazione dell’opera in un centro cattolico, ma dalle fondamentali problematiche umane che il film solleva: la fede, la sofferenza fisica, la speranza, i miracoli, l’assoluto. Con notevole abilità tecnica e artistica, la regista ci conduce alle frontiere delle aspettative umane, lasciando che lo spettatore scopra il significato della libertà umana e dell’intervento divino». La giuria era composta da Gianluca Arnone (Italia), Frank Desiderio (Stati Uniti), Massimo Giraldi (Italia), Peter Malone (Australia), Joseph Palakeel (India), Astrid Poltz-Watzenig (Austria) e Magali Van Reeth (Francia).

Nulla di tutto ciò è vero. La regista austriaca è certamente lontana dal rozzo anticlericalismo scientista di Émile Zola. La sua non è manifesta ostilità, denuncia della sciocca credulità popolare e dell’isteria, cominciata con la pastorella Bernadette (come voleva Zola). Arriva però alle stesse conclusioni: a Lourdes non si manifesta la divinità, ma il desiderio prettamente umano di sconfiggere la sofferenza e la malattia. In altre parole il cristianesimo è morto e seppellito: ciò che resta è solo credulità e  affari. Di tutto si può parlare, tranne che di fede; al massimo di tensione  irrefrenabile per la conservazione della vita. Fin qui nulla di eclatante. Zola pubblicò il suo manifesto, in forma di romanzo, nel 1894. Quindi è da oltre un secolo che su Lourdes, con linguaggio poetico o burocratico,  si esercita il tiro al bersaglio.

Il linguaggio con il film  Lourdes si è soltanto adattato ai tempi postmoderni, divenendo audiovisivo e  «politicamente corretto». Il premio SIGNIS al film di Jessica Hausner, di per sé poco significativo, mette però il dito nella piaga. È uno dei tanti tratti della confusione in atto nella Chiesa cattolica. Certe organizzazioni sembrano fatte apposta per mettere in difficoltà i cattolici. Ora, se una giuria di professionisti del cinema, con copertura vaticana, assegna il premio ad un film, ciò dovrebbe spingere quanti, dal semplice fedele ai più avvertiti intellettuali sino al clero, ad andare a vederlo. Meno male che il popolo cristiano difficilmente casca in queste trappole. Difatti Lourdes non l’ha visto nessuno. Si potrà dire: Lourdes è un semplice errore di valutazione, una involontaria scivolata. Vittorio Messori ha invocato il «masochismo clericale» (Corriere della Sera, 12 febbraio). Forse sarebbe più corretto parlare di spirito di adeguamento al mondo da parte degli intellettuali cattolici. Se il cane morde l’uomo non è una notizia. E non è una notizia se una giuria di cattolici premia un film cattolico. Lo diventa se premia un film ateo. E allora?

Alla prossima notizia, o meglio al prossimo premio. Almeno che a Palazzo San Calisto non arrivi l’ordine di tagliare il cordone ombelicale, recidendo per sempre i lacci della borsa.