IL CASO ORLANDI

 

MISTERI IN VATICANO: IL CASO DI EMANUELA ORLANDI

 

 

 

Emanuela Orlandi (Città del Vaticano, 1968 – ?), cittadina vaticana, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, scomparve in circostanze misteriose il 22 giugno 1983 all’età di 15 anni.

Quello che all’inizio poteva sembrare una "normale" o comunque "comune" sparizione di un’adolescente, divenne presto uno dei casi più oscuri della storia italiana che coinvolse, Vaticano, IOR, Banda della Magliana, Banco Ambrosiano e servizi segreti di diversi stati, in un intreccio che

non è ancora stato strigato.

Emanuela Orlandi frequentava una scuola di musica a piazza Santa Apollinare a Roma, in territorio vaticano. Quel giorno, uscì dalla lezione dieci minuti prima del previsto, telefonò alla sorella maggiore riferendole che le era stato proposto un piccolo lavoro di volantinaggio per la Avon

(azienda di cosmetici) ad una sfilata di moda pagato esageratamente (circa 375.000 lire). La sorella le disse di non prendere in considerazione l’offerta, Emanuela rispose che ne avrebbe parlato con i genitori e riattaccò, questo fu l’ultimo contatto che ebbe con la famiglia.

Dopo la telefonata, incontrò un’amica, uscita anch’essa dalla lezione a cui chiese consiglio su cosa fare a proposito di quel lavoro. L’amica senza sbilanciarsi troppo la accompagnò alla fermata dell’autobus che l’avrebbe ricondotta a casa, dove, secondo la testimonianza di un vigile urbano, avrebbe parlato con un uomo alla guida di una BMW nera sulla quale, forse, sarebbe salita.

Dopo le prime, infruttuose ricerche, condotte direttamente dalla famiglia (le forze dell’ordine avevano infatti inizialmente pensato ad una scappatella), cominciano le telefonate.

Si tratta principalmente di sciacalli e mitomani, ma il 25 giugno, si apre una pista importante: la telefonata di un uomo, che si identifica come "Pierluigi" e parla un italiano senza inflessioni dialettali, racconta che la propria fidanzata avrebbe incontrato in Campo dei Fiori, due ragazze. Una delle due, che diceva di chiamarsi Barbara, vendeva cosmetici ed aveva con se un flauto. Un amico le aveva consigliato di suonare in pubblico ma "Barbara" si vergognava dei suoi occhiali, che usava per suonare.

Per la famiglia Orlandi, si apre uno spiraglio di speranza: Emanuela, infatti, si era sempre vergognata dei propri occhiali, e suonava il flauto. In una seconda telefonata, 3 ore piu tardi, "Pierluigi" aggiunge un altro particolare significativo: gli occhiali della ragazza sono "a goccia, per correggere l’astigmatismo".

Il giorno successivo, una nuova telefonata. "Pierluigi" afferma di avere 16 anni, e di trovarsi in un ristorante di una località marina, insieme ai propri genitori, ed aggiunge che "Barbara" avrebbe dovuto suonare il flauto al matrimonio della sorella, ma non fornisce elementi per rintracciare la ragazza e rifiuta un appuntamento in Vaticano che lo zio di Emanuela gli chiede.

 

Due giorni dopo, altra telefonata, altra persona. Mario, che sostiene di avere 35 anni, afferma di aver visto un uomo con due ragazze, che vendevano cosmetici. Una delle due ragazze dice di chiamarsi "Barbara" e di essere di Venezia.

Potrebbe essere Emanuela? Pierluigi e Mario si conoscono? Potrebbero far parte di una stessa organizzazione? I dubbi si affollano nella mente dei genitori, quando arriva una seconda telefonata di "Mario", il quale afferma che "Barbara" gli avrebbe raccontato di essere fuggita volontariamente

da casa, cosa assolutamente poco plausibile secondo l’opinione dei genitori.

I due telefonisti perdono quindi credibilità agli occhi dei genitori: si tratta forse di sciacalli? Mentono? Delle pedine manovrate da altri? Sicuramente da escludere che si tratti di comuni rapitori, i quali avrebbero tutto l’interesse a dare una prova certa di avere in mano l’ostaggio, al fine

di chiedere un riscatto.

Fino al 5 luglio, di Emanula Orlandi, non si saprà piu nulla.

È il 5 luglio, quando nella sala stampa vaticana squilla un telefono. All’altro capo del telefono c’è un uomo, che parla con uno spiccato accento straniero (ribattezzato dalla stampa "l’Amerikano"), e facendo riferimento alla scomparsa di Emanuela Orlandi, auspica l’intervento del pontefice, Giovanni Paolo II. Chiama in causa Mehmet Ali Agca, l’uomo che aveva sparato al Papa in Piazza San Pietro, un paio di anni prima, chiedendo che sia liberato entro il 20 luglio. Afferma di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi, sostenendo che molti altri elementi sono già stati forniti da altri componenti della sua organizzazione, Pierluigi e Mario, ed esige l’attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano. Un’ora dopo, l’uomo chiama a casa Orlandi, e fa ascoltare ai genitori un nastro con una voce di ragazza, che potrebbe essere Emanuela. Ma la registrazione potrebbe essere stata precedente alla scomparsa della ragazza.

Nei giorni successivi, l’uomo insiste perchè Wojtyla si muova per la liberazione di Ali Agca entro il 20 luglio, ma il Papa non ha alcun potere sull’autorità giudiziaria italiana, da cui la liberazione del killer turco dipende.

Il 17 luglio, viene fatto ritrovare un nastro, in cui si conferma la richiesta di scambio con Agca, la richiesta di una linea telefonica diretta con monsignor Agostino Casaroli, segretario di stato pontificio, e si sente la voce di una ragazza che implora aiuto, dicendo di sentirsi male. Alcuni giorni più tardi, in un’altra telefonata, "l’Amerikano" chiederà allo zio di Emanuela di rendere pubblico il messaggio contenuto sul nastro, e di informarsi presso monsignor Casaroli riguardo ad

un precedente colloquio.

In totale, le telefonate dell’Amerikano saranno 16, tutte da cabine telefoniche. Nonostante le richieste di vario tipo, e le presunte prove, l’uomo (che non sarà mai rintracciato) non apre nessuna reale pista da battere.

Secondo alcuni giornali, l’identikit dell’Amerikano, stilato dall’allora vicecapo del Sismi Vincenzo Parisi in una nota rimasta riservata fino al 1995, identificherebbe l’uomo con il cardinale Paul Marcinkus.

La presenza di Emanuela, negli anni, e’ segnalata in diverse localita’ ma le rivelazioni non risultano mai attendibili. Alla vicenda si aggiungono tentate estorsione al vaticano. Nel 1995 Agca cambia versione:”Emanuela Orlandi e’ libera in un convento di clausura”. Senza elementi, l’inchiesta viene chiusa nel luglio 1997. Per il giudice vi e’ ”il fondato convincimento che il movente politicoterroristico costituisca in realta’ un’abile operazione di dissimulazione dell’effettivo movente del

rapimento. Per Vincenzo Parisi, all’epoca vice direttore del Sisde, le indagini sono state viziate da un eccesso di riservatezza da parte della Santa Sede. A meta’ del 2000 ancora il giudice Ferdinando Imposimato dichiara:”Per quanto mi risulta da alcuni contatti avuti assieme a Priore con esponenti dei Lupi Grigi in Svizzera, Emanuela Orlandi, che e’ ormai una donna, vive perfettamente integrata in una comunita’ islamica. Sicuramente e’ vissuta a lungo a Parigi”. Ma di questo e del collegamento delle vicende Orlandi-Agca, sembra rimasto l’unico sostenitore.

Fatto sta che di Emanuela Orlandi non se ne è saputo più nulla.

È agghiacciante dover sottolineare che mai in tutti questi 22 anni – e dico mai – è stata fornita dai presunti "sequestratori" di Emanuela Orlandi una sola prova certa dell’esistenza in vita dell’ostaggio.

Sono comparse fotocopie – questo sì – dei documenti in possesso della ragazza al momento della sparizione, ma ciò non significa altro oltre il fatto che chi le ha spedite, fatte ritrovare, ha avuto direttamente a che fare in modo paradossale con questo sequestro. Anziché premurarsi di dimostrare che il rapito era vivo – fatto indispensabile affinché le richieste in ogni caso vengano esaudite – i sedicenti "sequestratori" riuscirono solo a provare di aver avuto in mano gli effetti personali della ragazza. No, non funziona così il meccanismo ferreo dei sequestri di persona a fine di lucro e a maggior ragione di altro, ad esempio lo scambio di prigionieri.

Ma allora? Come stanno veramente le cose?

Negli ultimi mesi il caso del rapimento di Emanuela è venuto nuovamente fuori e sono state portate alla luce nuove ipotesi.

In molte puntate del programma “chi l’ha visto?” si è parlato della scomparsa misteriosa della ragazza e sono stati messi alla luce tutti i punti visti in precedenza e anche di nuovi come un possibile coinvolgimento nella vicenda della banda della Magliana.

Il capo di questa banda era il super latitante Enrico De Pedis; era perché il 2 febbraio 1990, nella romana via del Pellegrino, venne ucciso da bande rivali.

Il 9 luglio 1997 un’interrogazione parlamentare del leghista Borghezio (in un raro momento di lucidità)  invita il Ministro degli Interni ad accertare i motivi per i quali «il noto gangster Enrico De Pedis riposi nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare», un privilegio che, secondo il diritto canonico, spetta soltanto al

Sommo Pontefice, ai cardinali ed ai vescovi.

Si accerta che il nulla osta per la sepoltura era stato richiesto al Vaticano da monsignor Pier Vergari,rettore della Basilica, cioè lo stesso prelato che al funerali aveva impartito l’estrema benedizione al boss di Testaccio.

Il boss latitante, era colpito da mandato di cattura in quanto accusato di nefandezze d’ogni tipo: traffico di droga, omicidi, traffico di armi, riciclaggio, mafia, perfino usura assieme ai suoi temibili "soci", i cravattari di Campo dei Fiori.

Sono stati dimostrati dei collegamenti tra il rapimento della Orlandi e questa terribile organizzazione.

Quindi, alla luce di questi nuovi sviluppi cosa possiamo immaginare?

Fu un micidiale depistaggio per impedire che le indagini imboccassero la strada giusta venendo a scoprire orrori indicibili al cui confronto le già terribili gesta della banda della Magliana sarebbero apparse addirittura irrilevanti? Quale altro genere di "clienti" soddisfava questa holding criminale?

Quali abominevoli appetiti saziava questa tremenda organizzazione? Certo non è una novità che i boss della Magliana trafficassero in eroina, droga che veniva fornita loro da bande di narcos turchi in affari anche con Cosa Nostra. Sì, proprio i Lupi Grigi di Alì Agca facevano arrivare l’eroina ai

gangster della Magliana. Non è difficile ipotizzare che qualcuno possa avere offerto loro un’arma –le povere cose di Emanuela Orlandi e qualche smozzicato ricordo captato dai suoi veri sequestratori – per ricattare il Vaticano e lo Stato italiano e contemporaneamente "tranquillizzare" il sicario di

piazza San Pietro, sulla cui testa pendeva l’ergastolo. Quell’arma venne fornita, però, senza il "colpo" principale: una, solo una qualsiasi prova certa che dimostrasse che Emanuela era viva.

E noi a quale conclusione possiamo arrivare? Fu veramente rapita Emanuela Orlandi? Oppure decise lei di abbandonare la propria famiglia e di scappare via? Ma se l’ha fatto perché non si è fatta più sentire in questi 22 anni? (Oggi ne avrebbe 37)

E se hanno ragione i genitori che dicono che Emanuela non avrebbe mai fatto una cosa del genere, chi ha potuto organizzare questo tipo di sequestro?

C’entrano veramente i Lupi Grigi? Sono stati veramente loro da soli ad organizzare il tutto per ricattare il Vaticano a liberare Ali Agca?

E se si, perché non hanno mai dato una prova certa che dimostrasse che Emanuela era ancora viva? Se veramente il Vaticano fu ricattato perché cercò di ostacolare le indagini della magistratura? Avevano paura che potesse venire a galla qualche altro scandalo?

E se invece furono quelli della banda della Magliana a rapirla perché lo fecero? Soprattutto perché organizzarono il sequestro di una cittadina dello Stato del Vaticano?

Non andava bene una qualsiasi ragazza italiana? Oppure anche loro avevano qualche conto in sospeso con il piccolo stato della Chiesa o addirittura erano d’accordo con lo stesso Vaticano per il rapimento? (vedi prima dov’è sepolto De Pedis)

E poi c’è la pista Calvi uscita fuori sempre al programma “chi l’ha visto?”; un giornalista che sta scrivendo un libro sul caso del banchiere, ha chiamato durante la trasmissione riferendo che, durante un intervista, il figlio del banchiere ucciso in circostanze misteriose avrebbe dichiarato che il rapimento della Orlandi sarebbe strettamente connesso alla vicenda del padre. Secondo lui sarebbe stato un tentativo di fare pressioni sul Vaticano affinché nessuno facesse rivelazioni su vicende che avrebbero visto coinvolto il Vaticano con il Banco Ambrosiano. Ma se fu veramente cosi, perché depistare le indagini con il finto ricatto di Ali Agca e dei Lupi grigi? E perché il 29 gennaio 2001 lo stesso Agca afferma che Emanuela Orlandi fu rapita e uccisa e che il delitto sarebbe maturato in ambienti del Vaticano? Questi sono tutti i possibili interrogativi che possiamo porci, senza purtroppo riuscire a venirne fuori.

Una delle poche cose certe è che gli atti giudiziari dimostrano in modo INCONFUTABILE che il Vaticano sa e tace.

E la realtà, dimostra in modo altrettanto inconfutabile che tutti fanno finta di non sapere che il Vaticano sa e tace.

La giustizia italiana continuerà a fare il proprio dovere ma se c’è qualcuno in Vaticano che sa e non vuole parlare è difficile che si possa venire a capo di questa vicenda oscura. Purtroppo è stato fatto troppo poco per cercare di sapere che fine aveva fatto Emanuela; e il Vaticano con in primis Wojtyla hanno solo cercato di intralciare le indagini.

In fondo cosa contava la vita di una ragazza di fronte al prestigio della Chiesa?!

E’ bastato fare giusto qualche appello dal balcone di Piazza San Pietro per risolvere la situazione. Io spero solo, che un giorno si possa far luce su questa storia, almeno nel rispetto della famiglia e di chi le voleva bene.

Ma ormai mi sono abituato a non illudermi troppo quando di mezzo ci sono gli interessi dello stato pontificio.

Anche questa vicenda è destinata a rimanere nel buio più totale, di Emanuela probabilmente non se ne saprà più niente.

E ancora una volta, fra un po’ di anni, non ricorderemo più chi sia Emanuela Orlandi, non ricorderemo più la sua storia facendo una cosa che ci riesce fin troppo bene; chiudere tutto in un cassetto della memoria, in una sola parola: dimenticare!

 

Tratto da "Senza verità e senza memoria" (2005)